I racconti


E continuo a raccontare:……
che strumento sei?
Come ogni buon berchiddese che si rispetti , anche mio padre fu iniziato alla passione della musica. E le sere, pertanto, andava a scuola di musica grazie a quei pochi soldini, racimolati o regalati, con i quali si pagava il corso dal  maestro Antonio Pinna…Come ogni cosa non accade per caso,  per cui ad ogni persona arriva quello che più gli si confà,  lo strumento che il destino gli assegnò fu il clarinetto!
In effetti il clarinetto, di per sé,  ricordava un po’ mio padre alto, magro , signorile e delicato “quasi inglese”.

Ho trovato su internet (beneittu!!)che “…nella sua estensione il suono del clarinetto si divide in diversi registri, ognuno con le proprie particolarità. Il registro grave è dolce, vellutato e malinconico, quello centrale è goliardico e allegro mentre quello acuto è chiaro e cristallino.”
Come non riconoscere mio padre in tutte questi suoni?
Naturalmente ,una volta appresi i segreti del pentagramma e diventato più grandicello,il passo successivo fu la nascita della “band”che fu battezzata col romantico e raffinato nome di “La Lucciola”, a proposito di  goliardia!
E al suono della cumparcita e della mazurka i musicanti di B…erchidda trascorsero allegramente molte serate negli scantinati o salette conquistando ragazze grazie al fascino misterioso dell’artista!!
Specialità della band era il carnevale che si organizzava a tema.
Con una divisione del lavoro, degna di Adam Smith,  una parte del gruppo confezionava i costumi , un’altra curava la parte musicale e un’altra la parte gastronomica per “una notte ad Algeri” oppure “una notte a Parigi”. Voi direte ma tutti fanno così! E’ vero ma questo era un carnevale senza “aiuti”, senza contributi, senza turisti, senza televisione
 ( perché proprio non esisteva) organizzato coi propri pochi soldi e soprattutto per se stessi : la gioia della condivisione di momenti comunitari 




Nonna Martina


Maltina “longa” Orgolesu,  era nata a Berchidda nel 1875 e come tutte le Martine era una donna dolce e generosa ma anche combattiva e un po’autoritaria.
Nonna Martina in su "cadreone"
Io la ricordo intorno ai 90 anni con i suoi piccoli occhi celesti e la sua pelle chiara macchiata per la vecchiaia. Immobile in “su cadreone”[1]guardava sorridente, ma anche un po’ giudicante, la vita familiare, che, proprio intorno a quel “cadreone”, ruotava.Venivano, spesso, a trovarla i nipoti Tomuccio e Tonino, il quale seguendo le orme dello zio, mio padre,  studiava musica e proprio clarinetto.E quale fu la sorpresa quando, avvisati dalla famiglia, vedemmo Tonino in TV che suonava! Tutti intorno “all’apparecchio”agitati e rumorosi solo dallo zittirci reciproco ( Mudos!, mudos!, Mudos!, mudos![2])guardavamo con orgoglio il parente televisivo.Nel silenzio (finalmente) dell’ascolto, dal famigerato cadreone si solleva sempre più forte ed insistente un singhiozzo. Mamma,mamma- Ite bada? ( che c’è) Ite azzis ( che avete?).Tonino, Tonino!!- ripeteva la povera donna tutta umidiccia col muncaloreddu[3] stropicciato  in mano: - Comente faghede como a nd’essire dae sa cascetta? ( Come fa adesso ad uscire dalla cassetta?)
Televisore anni "60



Quando morì a luglio del 1966 vennero tutti i parenti da Berchidda per la veglia funebre e, nel caldo e assolato pomeriggio d’estate, tutti , gentilissimi, chiacchieravano con me, eccitata per questo pienone di gente e per il fatto che avessi saltato l’odiato “riposino” del dopo pranzo.Come ogni bambino ( e non solo!) che dopo aver avuto un dito vuole anche il braccio ( che cosa terribile!) tentai di ottenere da una zia molto dolce, tutta riccia e ignara delle piastre, il permesso di uscire per giocare con le amichette in “carrera”[4]. Ma la zia Tomasina, cugina di mio padre, prima cercò di ingannarmi con le parole poi con il giochetto della mano “custu es su polcu”[5] dopo di che, presa dalla disperazione per la mia insistenza, mi guardò a lungo con i capelli ancora più arruffati, con un occhio un po’ di sbieco e con voce un po’ nasale mi disse:- No essasa como, chi in giru b’este Mama Lentolu chi leada tottu sas criaduras chi acciappada e las faghede isparire intro su lentolo- ( non uscire a quest’ora che c’è in giro Mamma Lenzuolo che cattura tutti i bambini che trova e li fa sparire sotto un lenzuolo.)
Prima d’ora non avevo mai sentito parlare di questa terribile Mamma Lenzuolo ma dallo sguardo e dai capelli tipo Medusa di zia Tomasina in un secondo mi ero fatta il fotogramma. Ammutolii talmente in fretta e sgranai due occhi spaventati davanti alla ziaadogniricciouncapriccio[6]  che non resistette e le scappò “su risigheddu”[7] . Ma ormai il rito magico si era compiuto e nella mia fantasia tutta la sequenza del rapimento si era impressa come un’orma nell’argilla pronta a seccarsi negli anni.E la notte che sudata sotto “cussu lentolu” [8]amico!
[1] seggiolone[2] Zitti![3] fazzoletto[4] strada[5] Gioco che consiste nel toccare uno per uno le dita della mano attribuendo a ciascuno un compito: inizia definendo il pollice come il maiale[6] È il nomignolo con cui il marito, quando era un po’ brillo, chiamava la moglie

[7] Il sorrisino
[8] Quel lenzuolo






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