che
strumento sei?
Come ogni buon berchiddese che
si rispetti , anche mio padre fu iniziato alla passione della musica. E le
sere, pertanto, andava a scuola di musica grazie a quei pochi soldini, racimolati o regalati, con i quali si pagava il corso dal
maestro Antonio Pinna…Come ogni cosa non accade per caso, per cui ad ogni persona arriva quello che più
gli si confà, lo strumento che il
destino gli assegnò fu il clarinetto!
In effetti il clarinetto, di
per sé, ricordava un po’ mio padre alto,
magro , signorile e delicato “quasi inglese”.
Ho trovato su internet
(beneittu!!)che “…nella sua estensione il suono del
clarinetto si divide in diversi registri, ognuno con le proprie particolarità.
Il registro grave è dolce, vellutato e malinconico, quello centrale è
goliardico e allegro mentre quello acuto è chiaro e cristallino.”
Come non riconoscere mio padre
in tutte questi suoni?
Naturalmente ,una volta appresi
i segreti del pentagramma e diventato più grandicello,il passo successivo fu la
nascita della “band”che fu battezzata col romantico e raffinato nome di “La Lucciola”,
a proposito di goliardia!
E al suono della cumparcita e
della mazurka i musicanti di B…erchidda trascorsero allegramente molte serate
negli scantinati o salette conquistando ragazze grazie al fascino misterioso
dell’artista!!
Specialità della band era il
carnevale che si organizzava a tema.
Con una divisione del lavoro,
degna di Adam Smith, una parte del
gruppo confezionava i costumi , un’altra curava la parte musicale e un’altra la
parte gastronomica per “una notte ad Algeri” oppure “una notte a Parigi”. Voi
direte ma tutti fanno così! E’ vero ma questo era un carnevale senza “aiuti”,
senza contributi, senza turisti, senza televisione
( perché proprio non
esisteva) organizzato coi propri pochi soldi e soprattutto per se stessi : la
gioia della condivisione di momenti comunitari
Io la ricordo intorno ai 90 anni con i
suoi piccoli occhi celesti e la sua pelle chiara macchiata per la vecchiaia. Immobile
in “su cadreone”[1]guardava
sorridente, ma anche un po’ giudicante, la vita familiare, che, proprio intorno
a quel “cadreone”, ruotava.Venivano, spesso, a trovarla i nipoti
Tomuccio e Tonino, il quale seguendo le orme dello zio, mio padre, studiava musica e proprio clarinetto.E quale
fu la sorpresa quando, avvisati dalla famiglia, vedemmo Tonino in TV che
suonava! Tutti intorno “all’apparecchio”agitati e rumorosi solo dallo zittirci
reciproco ( Mudos!, mudos!, Mudos!, mudos![2])guardavamo con orgoglio il parente televisivo.Nel silenzio (finalmente)
dell’ascolto, dal famigerato cadreone si solleva sempre più forte ed insistente
un singhiozzo. Mamma,mamma- Ite bada? ( che c’è) Ite azzis ( che avete?).Tonino, Tonino!!- ripeteva la povera
donna tutta umidiccia col muncaloreddu[3]
stropicciato in mano: - Comente faghede
como a nd’essire dae sa cascetta? ( Come fa adesso ad uscire dalla cassetta?)
Quando morì a luglio del 1966 vennero tutti i parenti da Berchidda per la veglia funebre e, nel caldo e assolato pomeriggio d’estate, tutti , gentilissimi, chiacchieravano con me, eccitata per questo pienone di gente e per il fatto che avessi saltato l’odiato “riposino” del dopo pranzo.Come ogni bambino ( e non solo!) che dopo aver avuto un dito vuole anche il braccio ( che cosa terribile!) tentai di ottenere da una zia molto dolce, tutta riccia e ignara delle piastre, il permesso di uscire per giocare con le amichette in “carrera”[4]. Ma la zia Tomasina, cugina di mio padre, prima cercò di ingannarmi con le parole poi con il giochetto della mano “custu es su polcu”[5] dopo di che, presa dalla disperazione per la mia insistenza, mi guardò a lungo con i capelli ancora più arruffati, con un occhio un po’ di sbieco e con voce un po’ nasale mi disse:- No essasa como, chi in giru b’este Mama Lentolu chi leada tottu sas criaduras chi acciappada e las faghede isparire intro su lentolo- ( non uscire a quest’ora che c’è in giro Mamma Lenzuolo che cattura tutti i bambini che trova e li fa sparire sotto un lenzuolo.)Prima d’ora non avevo mai sentito parlare di questa terribile Mamma Lenzuolo ma dallo sguardo e dai capelli tipo Medusa di zia Tomasina in un secondo mi ero fatta il fotogramma. Ammutolii talmente in fretta e sgranai due occhi spaventati davanti alla ziaadogniricciouncapriccio[6] che non resistette e le scappò “su risigheddu”[7] . Ma ormai il rito magico si era compiuto e nella mia fantasia tutta la sequenza del rapimento si era impressa come un’orma nell’argilla pronta a seccarsi negli anni.E la notte che sudata sotto “cussu lentolu” [8]amico!
[1] seggiolone[2] Zitti![3] fazzoletto[4] strada[5] Gioco che consiste nel toccare uno per uno le dita della mano attribuendo a ciascuno un compito: inizia definendo il pollice come il maiale[6] È il nomignolo con cui il marito, quando era un po’ brillo, chiamava la moglie
Nonna Martina
Maltina “longa” Orgolesu, era nata a Berchidda nel 1875 e come tutte le
Martine era una donna dolce e generosa ma anche combattiva e un po’autoritaria.
Nonna Martina in su "cadreone" |
Televisore anni "60 |
Quando morì a luglio del 1966 vennero tutti i parenti da Berchidda per la veglia funebre e, nel caldo e assolato pomeriggio d’estate, tutti , gentilissimi, chiacchieravano con me, eccitata per questo pienone di gente e per il fatto che avessi saltato l’odiato “riposino” del dopo pranzo.Come ogni bambino ( e non solo!) che dopo aver avuto un dito vuole anche il braccio ( che cosa terribile!) tentai di ottenere da una zia molto dolce, tutta riccia e ignara delle piastre, il permesso di uscire per giocare con le amichette in “carrera”[4]. Ma la zia Tomasina, cugina di mio padre, prima cercò di ingannarmi con le parole poi con il giochetto della mano “custu es su polcu”[5] dopo di che, presa dalla disperazione per la mia insistenza, mi guardò a lungo con i capelli ancora più arruffati, con un occhio un po’ di sbieco e con voce un po’ nasale mi disse:- No essasa como, chi in giru b’este Mama Lentolu chi leada tottu sas criaduras chi acciappada e las faghede isparire intro su lentolo- ( non uscire a quest’ora che c’è in giro Mamma Lenzuolo che cattura tutti i bambini che trova e li fa sparire sotto un lenzuolo.)Prima d’ora non avevo mai sentito parlare di questa terribile Mamma Lenzuolo ma dallo sguardo e dai capelli tipo Medusa di zia Tomasina in un secondo mi ero fatta il fotogramma. Ammutolii talmente in fretta e sgranai due occhi spaventati davanti alla ziaadogniricciouncapriccio[6] che non resistette e le scappò “su risigheddu”[7] . Ma ormai il rito magico si era compiuto e nella mia fantasia tutta la sequenza del rapimento si era impressa come un’orma nell’argilla pronta a seccarsi negli anni.E la notte che sudata sotto “cussu lentolu” [8]amico!
[1] seggiolone[2] Zitti![3] fazzoletto[4] strada[5] Gioco che consiste nel toccare uno per uno le dita della mano attribuendo a ciascuno un compito: inizia definendo il pollice come il maiale[6] È il nomignolo con cui il marito, quando era un po’ brillo, chiamava la moglie
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